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Milano, 21 giugno 2025

27-06-2025 11:48 - Approfondimenti
Il 21 giugno 2025, presso l'Istituto di Ricerche Mario Negri di Milano, si è tenuto il Convegno: "Incontro per i familiari di persone affette da malattie da prioni. Dalla ricerca alla presa in carico". Hanno aderito all'iniziativa circa 60 persone in presenza e 20 da remoto.
Il prione è una proteina che normalmente si trova nel cervello (Proteina Prionica cellullare, PrPᶜ) e la malattia da prioni si sviluppa quando la PrPᶜ va incontro a un ripiegamento erroneo e prende il nome di Proteina Prionica scrapie, o Prione, che forma degli aggregati di fibrille che provocano la morte delle cellule cerebrali. I danni cerebrali cominciano molto prima dell'esordio clinico della malattia e per questo motivo il trattamento andrebbe iniziato nelle forme sporadiche appena si manifestano i primi sintomi (non essendo prevedibile chi si ammalerà) e nelle forme genetiche in modo preventivo nei portatori sani della mutazione. Negli ultimi anni la ricerca sta cercando di intervenire sulla PrPᶜ al fine di togliere il substrato necessario alla produzione del prione. Una delle strategie usate è lo spegnimento del gene (PRNP) della PrPᶜ, introducendo a livello del filamento di RNA messaggero un frammento di DNA chiamato "oligonucleotide antisenso", con il risultato della mancata produzione della PrPᶜ. Questa tecnica, che si è dimostrata in grado di rallentare la progressione della malattia nei topi infetti, attualmente è in fase di sperimentazione clinica sui pazienti con la Malattia di Creutzfeldt-Jacob (MCJ) negli stadi iniziali. La strategia in corso di studio nel laboratorio di neurobiologia dell'Istituto di Ricerche Mario Negri è basata sull'uso di molecole chimiche come la "porfirina" che ha doppia attività anti-prionica: blocca la conversione della PrPᶜ a prione e contemporaneamente promuove l'eliminazione della PrPᶜ da parte del lisosoma cellulare. Nel futuro si potrebbe iniettare il farmaco derivato da tale molecola direttamente nel cervello o produrre farmaci composti da microscopici vettori (nanoparticelle) in grado di trasportare per via parenterale la molecola terapeutica al cervello. I progetti di ricerca in corso al CIBIO di Trieste sono concentrati invece su produzione di molecole in grado alternativamente di fermare il processo di ripiegamento della PrPᶜ, destinandola alla eliminazione da parte della cellula, bloccare l'attività citotossica del prione, o impedire la produzione della PrPᶜ. La sessione clinica del Convegno si è focalizzata sulle caratteristiche epidemiologiche, la clinica e le indagini diagnostiche (anche neuropatologiche), nelle malattie da prioni e sulle problematiche legate alla procreazione nelle forme genetiche. Sono intervenuti Gianluigi Zanusso, neurologo e professore dell'Università di Verona, Luana Vaianella, neurologa e ricercatrice del Registro Nazionale della Malattia di Creutzfeldt-Jakob (RNMCJ) dell'ISS e Simona Petrucci, medico genetista del Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare dell'Università degli Studi di Roma Sapienza, Unità di Genetica Medica e Diagnostica Cellulare Avanzata, AOU Sant'Andrea, Isituto CSS-Mendel di Roma. Le indagine diagnostiche prevedono l'elettroencefalogramma, che registra l'attività elettrica del cervello, ovvero la produzione di onde elettriche con un ritmo che in caso di MCJ è di solito alterato. Vi è poi la Risonanza Magnetica Cerebrale che può evidenziare le aree di danno cerebrale; la puntura (penetranza incompleta).
La diagnosi precoce delle malattie da prioni rimane difficoltosa a causa della marcata eterogeneità clinica della patologia e non esistono terapie sicure ed efficaci per la MCJ, se non core palliative. Tra le maggiori sfide vi sono la definizione dell'origine delle malattie da prioni, l'individuazione di marcatori biologici di progressione della malattia nei pazienti e nei portatori sani di mutazione , la comprensione della variabilità clinica e lo sviluppo di modelli predittivi. Tuttavia, la recente individuazione di possibili strategie terapeutiche rende ottimisti i ricercatori sulla possibilità di avere nel prossimo futuro dei farmaci sia per aumentare la sopravvivenza delle persone affette che per prevenire la malattia nei portatori sani di mutazione.